Vangelo



Parola del Signore
Vangelo secondo Giovanni 10, 22-30

Testo del Vangelo
Ricorreva, in quei giorni, a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era inverno. Gesù camminava nel tempio, nel portico di Salomone. Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando ci terrai nell’incertezza? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente».
Gesù rispose loro: «Ve l’ho detto, e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste danno testimonianza di me. Ma voi non credete perché non fate parte delle mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».

Recita
Simona Mulazzani

Musica di sottofondo
P.H.Erlebach. Halleluja. Performer Michel Rondeau. Diritti Creative Commons. musopen.org

Meditazione
Don Davide Arcangeli

Meditazione
I Giudei provocano Gesù a rivelarsi come il messia, nel luogo del portico di Salomone, ossia all’ingresso del Tempio di Gerusalemme. Secondo le profezie e la tradizione giudaica infatti, il messia avrebbe instaurato il Regno di Dio a Gerusalemme e in particolare nel tempio, facendo scaturire dalla porta orientale un fiume di salvezza. Questi oracoli, in particolare tratti dal profeta Ezechiele, facevano da sfondo anche alla festa delle capanne, celebrata con una solenne liturgia ogni anno nel tempio.
Gesù non reagisce a tono alle parole dei Giudei, perché è consapevole che la loro domanda è in realtà un pretesto per manipolare la sua pretesa e ritorcerla contro di lui. Egli sa che loro non credono, perché credere significa riconoscere in Lui il buon pastore che dà la vita eterna, e che ha una potenza tale da custodire per sempre le pecore nell’unità e nella comunione con Lui. Da dove viene questa sua potenza? Dal fatto che Egli è il tempio da cui scaturisce l’acqua della salvezza. Solo le opere che egli realizza per volontà del Padre possono dimostrarlo, ossia la sua morte in croce, che egli compie consegnando lo Spirito Santo. Tutti i segni e le opere di Gesù si riassumono in questo dono, che è simbolizzato dall’acqua che scaturisce insieme al sangue attraverso il suo costato trafitto dalla lancia del soldato romano.
Guardando a questo dono dell’acqua, il discepolo amato da Gesù diviene il prototipo di ogni credente, che testimonia la verità di Cristo e della sua morte come dono di vita. Egli è certamente il messia, ma non nella prospettiva politica e militare del re Davide, piuttosto nella prospettiva del servo che soffre e dal cui corpo trafitto scaturiscono le acque della salvezza. Egli compie così l’opera del Padre e mostra in atto la sua unità di amore e di essenza con il Padre stesso: io e il Padre siamo una cosa sola.

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