San Francesco: un santo troppo amato?


«[...] et venne fra Cannaia et Bevagni. E passando oltre con quello fervore, levò gli occhi e vide alquanti arbori allato alla via, in su' quali era quasi infinita moltitudine d'uccelli. E entrò nel campo e cominciò a predicare alli uccelli ch'erano in terra; e subitamente quelli ch'erano in su gli arbori se ne vennono a lui insieme tutti quanti e stettono fermi, mentre che santo Francesco compié di predicare [...].

Finalmente compiuta la predicazione, santo Francesco fece loro il segno della croce e diè loro licenza di partirsi; e allora tutti quelli uccelli si levarono in aria con maravigliosi canti».


Non c'è - credo - episodio migliore dell'entusiasmante vicenda umana del poverello di Assisi, a cui è dedicata questa puntata di Hystorycast, per far capire quanto sia difficile, se non impossibile, raccontare il vero Francesco, l'uomo che nel 1206 rinunciò ai beni paterni per una durissima vita di stenti in ossequio al messaggio evangelico e che, già in vita, diventò simbolo e modello per migliaia di cristiani.
Ricordo che già da piccola, non so se nel corso delle lezioni di catechismo, oppure nel rimirare sul libro di scuola l'affresco di Giotto, dove un anziano Francesco parla a un gruppo variopinto di uccellini in un bosco fiorito, già da piccola - dicevo - questa storia della predica agli uccelli mi suonava strana.

Certo era spiegata allora con un Francesco che oggi definiremmo "ecologico": santo proprio perché amava e apprezzava sopra ogni cosa i doni dati da Dio all'uomo. Un sentimento d'altronde testimoniato con potente forza poetica anche dal celebre Cantico:
«Laudato sie mi’ Signore, cum tucte le tue creature».


Va bene, mi dicevo, amava la natura, ma perché parlare proprio agli uccelli? Perché fermarsi in un bosco? Nel medioevo non avevano certo i nostri problemi di inquinamento o di biodiversità da sentire il bisogno di affermare con forza, e anche con un po' di follia, l'esigenza di tutelare l'ambiente.


Confesso che su questi dubbi non ci persi certo il sonno, ma essi cominciarono a risvegliarsi all'università, in particolare durante le lezioni di Chiara Frugoni, dove incontrai un altro racconto della predica agli uccelli. L'autore era Ruggero di Wendover, monaco cronista inglese contemporaneo di Francesco.


«Il popolo romano, nemico di ogni bene, a tal punto spregiò la predicazione di quell'uomo di Dio che non volle ascoltarlo e neppure assistere alle sue sante esortazioni.
Alla fine, dopo che ebbero disertato le sue prediche per parecchi giorni, Francesco li biasimò aspramente [...] uscendo dalla città trovò nella periferia i corvi, gli avvoltoi e le gazze che razzolavano tra le carogne, e molti altri uccelli che volavano in cielo, e disse loro: "Vi comando, nel nome di Gesù Cristo, che i Giudei crocifissero, la cui predicazione i Romani miserabili hanno disprezzato, che veniate a me per ascoltare la parola di Dio [...]". E subito al suo ordine quell'immensa moltitudine di uccelli gli si accostò e lo circondò, e - fattosi silenzio e cessato ogni cinguettio - per lo spazio di mezza giornata non si mossero da quel luogo».


Come capirete, le cose cambiarono di colpo.
Il bosco ridente era diventato una cupa e sporca periferia; gli uccellini graziosi e cinguettanti una serie di uccellacci necrofagi, ma soprattutto il racconto acquistava finalmente un senso e anche un luogo logico. Tra 1209 e 1210 Francesco, col suo sparuto gruppo di primi seguaci, si era diretto a Roma per avere un riconoscimento formale e autorevole del suo modo di vita e, soprattutto, del voler predicare il Vangelo.
L'incontro con Innocenzo III, tuttavia, fu tutt'altro che facile. Le fonti ufficiali parlano di visioni, sogni premonitori, dialoghi a corrente [...]

 

continua in audio

(da Historycast)

dal podcast di Historycast

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